Sangue sulla montagna: l’eccidio di Ronchidoso
Nel 1944 il raccolto di grano era stato eccezionale, tanto grano che se ne poteva nascondere ovunque. Il tempo era stato perfetto: pioggia di notte e sole di giorno.
E sarebbe servito tutto quel grano per fare fronte ad un inverno tra i più duri e freddi che si ricordino; dopo l’ 8 settembre 1943 e l’armistizio, anche i gaggesi stavano sperimentando la dura realtà della guerra: miseria, sfollamento, paura per le rappresaglie.
I negozianti, esaurite le provviste, non potevano più rifornirsi e rifornire il paese: ci si arrangiava, come già per anni era consuetudine, con i prodotti locali.
Molti erano gli sfollati, che avevano lasciato le loro case per tentare un rifugio verso Ronchidoso, la Lama, le Serre. A Ronchidoso era attiva una brigata di partigiani, la “Giustizia e Libertà” agli ordini del comandante Pietro.
Il 28 settembre 1944 a Ronchidoso era una giornata piovosa , con una nebbia molto fitta e sembrava una giornata relativamente tranquilla. La tranquillità fu rotta verso mezzogiorno, quando si sentì una voce urlare “ Ragaz! I è i tugnein in vàtta a la Sera”: i tedeschi avevano iniziato un rastrellamento.
I rastrellamenti divennero abitudine dopo che il governo tedesco aveva emanato un decreto per ampliare i poteri ai reparti tedeschi nella cosidetta “lotta alle bande”. L’obiettivo era quello di vendicare immediatamente ogni azione partigiana, ma le rappresaglie erano indirizzate alla popolazione, creando un clima di paura e terrore e cercando di eliminare ogni possibile convivenza tra popolazione e partigiani.
Il rastrellamento durò tutto il giorno, e dopo si sentirono solo colpi da fuoco, il sibilo dei proiettili sembrava fendere la nebbia.
Un mese dopo, il 29 ottobre 1944 era un’altra giornata di nebbia ed era domenica. Gaggio era stata liberata solo 9 giorni prima e l’attacco coordinato delle brigate “Giustizia e Libertà”, “Matteotti” e “Garibaldi” aveva portato alla conquista del crinale fino a Monte Belvedere.
Il 29 ottobre, quindi, i partigiani salirono a Ronchidoso per quella che doveva essere l’azione atta ad aprire la strada alle truppe alleate per la conquista definitiva del crinale.
Lo scenario che si trovò davanti la brigata “Giustizia e Libertà” arrivata verso La Lama era di devastazione totale: le case bruciate, nelle stalle c’erano ormai solo più carcasse di animali annerite dal fuoco. Corpi ammassati e bruciati; gambe, teste, braccia spuntavano dalla cenere della paglia a cui i tedeschi avevano dato fuoco per bruciare i corpi.
La rappresaglia di Ronchidoso, Cason dell’ Alta, Casa Ercole, Lama e Cargeto conterà 67 vittime, intere famiglie gaggesi sterminate; un eccidio eseguito senza un motivo reale. Nessun tedesco era stato ucciso, quindi non si poteva parlare di rappresaglia, ma solo di un’azione volta a terrorizzare la zona perchè aveva dato rifugio ai partigiani.
I corpi straziati- o almeno ciò che restava- ebbero cristiana sepoltura solo nell’ aprile del 1945 quando gli alleati conquistarono definitivamente il crinale e si potè quindi raggiungere la zona.
Dai documenti conservati presso l’ Archivio Militare di Friburgo non si trova cenno di quanto successo a Ronchidoso.
Quindi a Gaggio non era successo nulla di rilevante in quella nebbiosa mattina del 28 settembre 1944.
Fabrizio Borgognoni
Guida Ambientale Escursionistica La via dei monti
Questo articolo fa parte del ciclo di storie “Le escursioni ai tempi del coronavirus”: una raccolta di aneddoti, racconti e nozioni naturalistiche online a cura delle Guide Escursionistiche de La via dei monti, per tenervi compagnia in questo momento di digiuno dalle escursioni. Leggerli sarà come partecipare ad una camminata virtuale con le nostre guide, pur restando a casa, in attesa di ritrovarci presto per sentieri.
Conosco i fatti Di Ronchidoso perché mia nonna Letizia abitava li.Mio zio ATTILIO Zaccanti è stato trucidato.