Giro del Confinale: tra Gran Zebrù, Stambecchi e Cevedale nel Parco dello Stelvio

Da buone Guide Escursionistiche, quando siamo in ferie ci rilassiamo camminando, magari alla scoperta di nuovi sentieri, differenti panorami, altre montagne.

Vi racconto così i miei ultimi 2 giorni e mezzo alla scoperta di una zona delle Alpi che non avevo ancora avuto modo di visitare: il Parco Nazionale dello Stelvio nel settore lombardo, tra Valfurva, Val Zebrù e Val Cedec, in un itinerario totale di circa 35 km e 2.300 metri di dislivello.

Itinerario Parco Nazionale dello Stelvio

Cartina dell’area del Parco Nazionale dello Stelvio visitata, da parks.it

Partiamo di buon ora: ci aspettano circa 4 ore e mezzo di auto per raggiungere Santa Caterina Valfurva, dove inizia il nostro itinerario. Riusciamo a trovare un parcheggio non troppo costoso (qui), a breve distanza dall’inizio del sentiero che imboccheremo: allacciamo gli scarponi, zaino in spalla e si parte!

Già nei primi km di bosco si notano animali che in appennino non siamo abituati a vedere: numerosissime nocciolaie, dai curiosissimi versi (sentite qui!) ci accompagnano per gran parte dell’itinerario e circondati da conifere saliamo fino a raggiungere le prime radure.

Decisi a fare l’itinerario più panoramico, saliamo poi verso il Monte Forcellino, a 2842 metri, dopo una lunga salita sul sentiero CAI 512. Con una gran fortuna in cielo ci sono poche nuvole, e rimaniamo per alcuni minuti sulla vetta ad osservare il meraviglioso panorama che abbiamo davanti: Monte Cristallo, Zebrù, Gran Zebrù, il Cevedale con il suo bel ghiacciaio e il Monte Confinale sono tutti lì davanti a noi.

Ben riconoscibile, davanti a noi svetta il Gran Zebrù, 3851m (Vista dal Monte Forcellino)

Da qui inizia poi la discesa che ci porterà al Rifugio Campo dove ci rifocilliamo a dovere: la scelta della cena è tra minestrone di verdure o pasta speck e pomodoro, arrosto o frittata con polenta e fagiolini e budino al cioccolato o macedonia: inutile dire che abbiamo assaggiato e finito tutto con la gran fame che avevamo. Ci mettiamo poi a dormire in una gran camerata, che condividiamo con un’altra decina di ospiti. La mattina per colazione il piccolo e caratteristico rifugio ci propone invece: pane, fette biscottate con varietà di marmellate e crema al cioccolato spalmabile, biscotti, cereali, yogurt, caffelatte o the e uno squisito plum-cake fatto in casa, che mangiamo di gusto prima di rimetterci in cammino.

Riprendiamo zaino e scarponi e iniziamo a risalire la Val Zebrù fino all’omonimo passo, posto a 3005m. Oggi la giornata è più nuvolosa e fresca, e tra una foto e l’altra facciamo sempre caso a ciò che si muove intorno a noi. La speranza è quella di avvistare un Gipeto, avvoltoio spettacolare reintrodotto da una 30ina d’anni nel Parco dopo essere stato intensamente cacciato e quasi scomparso dalle Alpi (qui ulteriori info sul Gipeto), ma a parte bellissimi Stambecchi, Pecore e qualche Gheppio non avvistiamo altro.

Passo Zebrù, a 3005 metri di altitudine. Il Gran Zebrù purtroppo è coperto dalle nuvole e non si apprezza.

Attraversato il Passo iniziamo a scendere, e da lontano notiamo ancora i segni che la Grande Guerra ha lasciato su queste montagne, con lunghi metri di filo spinato, fino a raggiungere il Rifugio Pizzini – Frattola, con il bel ghiacciaio del Cevedale appena dietro. Chissà se un giorno avrò modo di salire lassù…penso. E dopo una breve pausa continuiamo il percorso, che continua in Val Cedec. Veniamo scortati da Marmotte, Gheppi e qualche Aquila (del Gipeto purtroppo nemmeno l’ombra) e giungiamo al Rifugio Forni, dove passeremo la notte. Più che Rifugio sembra più un Hotel, pensiamo, e infatti i comfort non mancano: lenzuola in camera, doccia calda a disposizione, ricca cena e colazione e…un vero e proprio museo. Sì, perché all’interno dell’edificio è possibile vedere l’incredibile serie di ritrovamenti legati alla Prima Guerra Mondiale nelle montagne limitrofe: bombe a mano, elmetti, baionette, uniformi…incredibile e interessante.

Dopo cena mi imbatto poi in un bellissimo libro, consigliato per conoscere i segreti della montagna considerata tra le più belle delle Alpi Orientali, il già citato Gran Zebrù: “L’anima del Gran Zebrù tra misteri e alpinisti”, una lettura consigliata se si vuole camminare in queste aree ricche di storia, natura e meraviglia. (Potete trovarlo qui, io l’ho appena comprato!); leggendolo ho scoperto un sacco di cose interessanti: lo sapete per esempio che anni fa sul Gran Zebrù c’era un cumulo di neve talmente particolare da essere chiamato “Meringa”? Che durante la prima guerra mondiale ci fossero, nello stesso momento, accampamenti di soldati italiani e austro-ungarici? Che una volta siano stati avvistati 2 cervi maschi a 3851 metri? E…come mai si chiami proprio Gran Zebrù, e il nome tedesco sia Konigspitze “la punta del Re”? Bè, se lo leggete scoprirete queste e altre mille cose interessanti 🙂 non vi spoilero tutto.

Alcuni dei ritrovamenti della Prima Guerra mondiale, all’interno del Rifugio Forni. Ben visibili le bombe a mano

Il giorno seguente iniziamo poi a chiudere il nostro anello del Monte Confinale, rientrando a Santa Caterina Valfurva, con la voglia di tornare presto sulle montagne d’Italia e non solo alla ricerca di altri itinerari da raccontare.

Se vi è venuta voglia di fare cammini di più giorni, magari alla scoperta delle Alpi, potete dare un’occhiata qui:

laviadeimonti.com/escursioni-e-trekking/viaggi-e-cammini/

Ci vediamo sui sentieri! 🙂

 

 

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